di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Come atteso, dopo otto tagli consecutivi al costo del denaro, oggi la Bce ha fatto un break lasciando invariato i tassi di riferimento: quello sui depositi resta quindi fermo al 2% e quello sui rifinanziamenti al 2,25%.
La decisione è stata in parte anticipata dal mercato che, sotto la scure dei dazi Usa, negli ultimi mesi ha appena limato gli interessi. Gli osservatori si attendono al massimo un’altra sforbiciata da 25 pb nelle prossime 3 riunioni del Consiglio direttivo, in agenda da qui a fine 2025: 11 settembre, 30 ottobre e 18 dicembre.
Dunque, l’allentamento monetario iniziato un anno fa avrà almeno un mese e mezzo di tempo per trasmettersi meglio all’offerta; nel frattempo “il panorama resta eccezionalmente incerto, soprattutto a causa delle controversie commerciali“, si legge nel comunicato.
Francoforte ribadisce la “determinazione ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi al 2% a medio termine” e a proseguire con “l’approccio guidato dai dati“, step by step.
“Non abbiamo un obiettivo preciso sul tasso di cambio – ha detto la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa –, lo monitoriamo perché è importante per le nostre previsioni. Siamo attenti a dove stanno andando i negoziati commerciali – ha aggiunto –, ma non siamo in una posizione negoziale“. Prima si risolve l’incertezza, meglio è.
Due giorni fa, il 22 luglio – nella periodica lending survey diffusa con la Bce – Bankitalia ha rilevato che nel complesso, nel nostro Paese, i tassi sui prestiti alle imprese sono stati lievemente allentati nel secondo trimestre, a causa della maggiore concorrenza che ha spinto le banche ad applicare margini minori sui finanziamenti meno rischiosi: effetti negativi delle tensioni sui dazi doganali non se ne sono ancora registrati, ma pare questione di giorni ormai.
La riduzione degli interessi ha rilanciato la domanda di credito, ma soprattutto da parte delle grandi aziende: a incidere sulle richieste la liquidità per investimenti fissi, capitale circolante e rifinanziamento del debito.
Anche le richieste di mutui immobiliari sono cresciute, e termini e condizioni di erogazione sono stati resi più favorevoli dagli istituti; sono stati irrigiditi invece sul credito al consumo, business che non ha mai sofferto davvero in Italia (restrizione dovuta, peraltro, a una più stringente valutazione del merito creditizio e attenzione ai deteriorati): la sfida viene dal mondo corporate, come emerso il mese scorso ai Leadership Forum Summer e PMI.
Per il trimestre in corso, Via Nazionale prevede comunque domanda stabile e criteri invariati per tutti e tre i segmenti.
Articolo in aggiornamento…
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