di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Non è stato il credito, rimasto stabile, a lanciare gli utili dei 5 maggiori gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco BPM, BPER e MPS) – i cui profitti sono cresciuti nel primo semestre 2025 del 13,5% rispetto a fine 2024 (14,3 miliardi di euro) – ma le commissioni nette (+5,5%) e la raccolta indiretta (+12,7%), trainata a sua volta dal risparmio gestito (+ 19,5%) grazie all’ingresso di Anima nel perimetro.
Morningstar DBRS conferma le cifre Fiba. La svolta è partita dal 2022: dai 25,5 mld di allora, l’utile del comparto è schizzato ai 46,5 del 2024: un triennio super per la redditività che – nonostante i tagli della Bce ai tassi ufficiali – si avvia a diventare un quadriennio, e non solo per gli istituti “significant“.
In realtà, nelle recenti relazioni al 30 giugno, abbiamo visto che non per tutte le banche impieghi e raccolta diretta sono rimasti invariati da gennaio; anzi in alcuni bilanci sono cresciuti addirittura a doppia cifra. La media calcolata dalla fondazione Fist Cisl sul quintetto di Big, dunque, è solo in parte rappresentativa di un sistema che al suo interno annovera player che hanno visto aumentare perfino il margine d’interesse, nonostante il crollo del costo del denaro nell’ultimo anno. È vero che nei primi 6 mesi è diminuito del 5% annuo – nota l’agenzia di rating – ma è aumentato dell’1% rispetto al trimestre precedente, e grazie ai maggiori volumi di prestiti facilitati da quello stesso taglio di Francoforte che ha ridotto il margine: le previsioni per la seconda metà dell’esercizio prolungano questo bilanciamento tra meno interessi e più erogazioni.
Già l’anno scorso i finanziamenti erano tornati protagonisti dopo il lungo ciclo dei tassi di interesse a zero, rappresentando il 58,5% dei ricavi totali e consolidando il controsorpasso sulle commissioni (41,5%) che dal 2019 al 2021 – rileva Fabi – avevano dominato la composizione del fatturato: adesso il rapporto si sta rapidamente invertendo. Le numerose ricerche di mercato uscite nell’ultimo periodo parlano di un’impennata della domanda delle famiglie e suggeriscono una lenta risalita di quella corporate, ma i minori margini di guadagno impongono di ottimizzare i costi e di spingere sulla bancassurance come business profittevole (insieme a gestione patrimoniale e pagamenti), diversificando i ricavi. Anche riguardo le commissioni però, DBRS rileva che nei 12 mesi segnano +3%, ma a livello trimestrale -2%.
Il mercato dei prestiti, già rimessosi in moto, troverebbe la strada in discesa se gli intermediari si decidessero ad allentare un po’ i cordoni visto il costo del rischio in riduzione nel semestre al livello record di 21 punti base, il calo del 6% delle rettifiche su crediti e il basso livello di deterioramento degli attivi (Npl ratio netto invariato all’1,4% degli impieghi totali), con coperture delle posizioni problematiche oltre la media Ue.: un trend favorito dalle importanti cessioni di sofferenze e dal maggior ricorso della clientela all’autofinanziamento, che ha contribuito alla contemporanea espansione degli impieghi in bonis.
Gli effetti dei dazi commerciali Usa devono ancora farsi sentire sull’economia reale tuttavia, nonostante le persistenti tensioni globali, nei portafogli non figurano sofferenze particolari neanche per le Pmi, più riluttanti delle famiglie ad accendere un prestito: non tanto per difficoltà di accesso al credito o scarsa capacità di rimborso, quanto per la maggior sfiducia verso il contesto internazionale e l’attesa di tassi e condizioni ancora più convenienti di quelle ottenute fin qui con i tagli della Bce.
Più redditività (Roe medio al 16%) e capitalizzazione (CET1 ratio al 15,7%) dovrebbero significare anche capacità di finanziare imprese e famiglie, oltre che resistenza a eventuali shock commerciali, geopolitici, borsistici, energetici, immobiliari: lo dice anche EBA, che la settimana scorsa ha pubblicato i risultati degli stress test 2025 promuovendo a pieni voti le banche europee; in particolare le 6 italiane delle 64 campionate, i cui coefficienti patrimoniali restano sempre ben oltre i requisiti minimi normativi in ogni tipologia di scenario avverso. Il gruppo con la minor erosione di capitale di base al 2027 nelle condizioni peggiori è Intesa, seguita da Bper e Iccrea. Promossa anche Popolare Sondrio, tra i player di medie dimensioni coinvolti nell’analogo test Bce.
S&P prevede che qui al 2027 la resilienza del merito creditizio del settore privato italiano, superiore alla media Ue, sarà messa alla prova producendo però solo un moderato deterioramento degli attivi, assolutamente gestibile dagli operatori. Per i ricercatori la capacità di generare reddito del nostro sistema bancario dovrebbe rimanere solida grazie a business model più agili, riduzione della frammentazione e predominio di player più grandi; dunque anche grazie al “risiko” che si sta svolgendo, che potrebbe rimodellare il settore se le varie offerte rimaste sul tavolo si finalizzassero.
Anche per gli istituti di medie dimensioni non si escludono ulteriori consolidamenti, sebbene i risultati di fusioni e acquisizioni in Italia siano stati contrastanti: le differenze tra le banche, e quindi le vulnerabilità, potrebbero diventare inoltre più evidenti.
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