di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Nella riunione odierna, la Bce ha lasciato invariati i tassi su depositi (2,00%), operazioni di rifinanziamento principali (2,15%) e prestiti marginali (2,40%).
Era nell’aria, e i mercati avevano già anticipato la pausa: l’inflazione resta tutto sommato in linea con le attese ma il Pil, anche quello italiano, è in contrazione nonostante il leggero rialzo delle stime di crescita. E poi c’è la scheggia impazzita di Donald Trump, che ci ha abituato a non dare più nulla per scontato neanche per qualche giorno: il compromesso Ue sui dazi potrebbe essere solo momentaneo, chi ci dice che domattina non si alzi e decida nuove strette commerciali?
Ormai non passa giorno senza che al presidente Usa non salti in mente una qualche iniziativa politica o economica, interna o estera, destinata a far sì che il fuoco continui ad ardere sotto la cenere.
Dunque, meglio stare un altro po’ alla finestra – hanno riflettuto a Francoforte -, mantenere l’approccio step by step anche nelle future riunioni e osservare i primi impatti dei dazi su export e stabilità delle catene di fornitura, sebbene al momento non si scorgano all’orizzonte segnali di uno shock sulla domanda, anzi.
“Non si può certo dire che siamo a corto di sfide – ha dichiarato la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa –. Ci sono nuovi rischi, che rafforzano la nostra determinazione a prendere decisioni incontro dopo incontro. Il processo disinflazionistico è terminato e continuiamo ad essere in una buona posizione, ma non siamo su un percorso predeterminato” ha aggiunto, sottolineando che il break è stato stabilito dal board all’unanimità.
Al netto della persistente incertezza, gli analisti si aspettano al massimo un’altra sforbiciata da 25 cent in uno degli ultimi due vertici da qui a fine 2025: il prossimo 30 ottobre o, più probabilmente, il 18 dicembre.