di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Nuova limatura al rialzo dei tassi sui mutui immobiliari ad agosto 2025, al 3,3 dal 3,2% di luglio secondo i calcoli ABI: il livello più alto da un anno a questa parte.
Da gennaio l’incertezza dominante lo scenario macroeconomico e geopolitico ha iniziato a pesare sul costo dei finanziamenti più dei tagli Bce al costo del denaro, e dei successivi break di Francoforte. Lo stesso andamento altalenante ha riguardato gli interessi sul credito al consumo, mentre quelli sui prestiti alle imprese continuano lentamente a diminuire al 3,42%, come emerso anche dall’ultimo bollettino Bankitalia. Nel complesso, il tasso medio sul totale dei prestiti resta invariato su base mensile al 3,9%.
Cresce però ogni indice: nei primi 11 giorni di settembre l’Euribor a 3 mesi si è collocato in media al 2,05%, mentre l’Irs ha raggiunto il 2,67%.
Stando all’associazione bancaria, ad agosto i depositi hanno toccato quota 1.836 miliardi di euro (+2,7% a/a), i deteriorati netti hanno proseguito a calare (29,5 mld) mentre l’ammontare dei crediti a famiglie e aziende ha segnato +1,4% annuo: è l’ottavo mese consecutivo di contributo positivo del segmento retail, e il secondo per il più sofferente corporate.
Non tutte le percentuali coincidono nei diversi report: a luglio, ad esempio, la Fabi ha rilevato un +4% a/a per l’erogato del credito al consumo (pari a oltre 5 mld) e +2,9% per i mutui ipotecari (12 mld): in entrambi i business cala l’esposizione residua, a fronte di una sostanziale stabilità della rata.
Di sicuro a trainare l’aggregato restano soprattutto le famiglie, tanto che secondo Crif il 60% degli italiani (+13% s/s) ha ormai un qualche finanziamento attivo.
È vero che il giro d’affari mostra rinnovato vigore tuttavia, allargando lo zoom, negli ultimi 2 anni e mezzo i finanziamenti in Italia si sono ristretti in realtà di oltre 53 mld. In base ai conti di Unimpresa, da dicembre 2022 a giugno 2025 l’erogato ai privati ha perso il 4%, arrivando a 1.274 mld; e il calo ha riguardato appunto solo le imprese (-47,9 mld, -7,4%) e – più in dettaglio – i prestiti a lungo termine (-59,7 mld, -17,3%) destinati di solito a importanti investimenti strutturali, che non hanno controbilanciato quelli a breve (+7,4 mld, +4%).
Ora, proprio mentre i tassi flettono, sulle PMI è piombata la scure dei dazi americani e la maggior parsimonia richiesta nell’accesso al Fondo di garanzia. È in atto una ricomposizione della domanda delle aziende verso prodotti creditizi più agili, legati al capitale circolante, e afferenti anche a canali alternativi a quelli tradizionali.
Dalla fine della pandemia Covid, il retail è rimasto invece invariato (675 mld, -0,8%): secondo l’associazione i mutui casa sono cresciuti leggermente (432,8 mld, +1,3%), mentre i prestiti personali, ora in forte ripresa, sulla distanza risultano in diminuzione (113,4 mld, -18,3%).
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