di Giuseppe Gaetano, editor in chief
L’area studi Mediobanca stima nel 2024 un aumento del 4,8% annuo del business della sanità privata, sebbene la redditività – pur crescendo – resti ancora inferiore al pre Covid.
L’indagine, anticipata ieri, è stata svolta sui bilanci dei 34 maggiori gruppi del settore, con almeno 100 milioni di euro di giro d’affari. Il fatturato mostra una crescita soprattutto di diagnostica (+19,4%) e assistenza/rsa (+15,1%); chiudono i player della riabilitazione (+5,7%).
Al 2023, il gruppo ospedaliero di maggiori dimensioni, con, risulta Papiniano, holding del gruppo San Donato e dell’Ospedale San Raffaele(1.835 mln di ricavi); seguono distanziati Humanitas (1.188 mln), Policlinico universitario Gemelli (917 mln), GVM (897 mln): tutti Big della sanità integrativa italiana che ritroveremo il 30 settembre a Milano all’Health Insurance Summit 2025: l’evento EMFgroup giunto alla 13esima edizione, dedicato all’ecosistema salute, a cui hanno partecipato anche l’anno scorso portando la loro view sulle partnership in corso con le compagnie. Temi già emersi, in parte, anche al recente Let’s Keep in Touch di Many Designs e all’ultimo Italy Protection Forum di Milano, di cui PLTV.it è stata media partner.
Per il resto, il report ci consegna un quadro tristemente noto: liste d’attesa e problemi economici spingono quasi il 10% dei cittadini a rinunciare a visite ed esami, contribuendo a incrementare la spesa intermediata e diretta delle famiglie, arrivata nel 2023 a circa 74 miliardi contando farmaci e presìdi medici; più della metà di quella pubblica del 2024, pari al 6,3% del Pil nazionale, percentuale attorno a cui è attesa stabilizzarsi almeno fino al 2027. Le proiezioni, ovviamente, risentono della crescente richiesta di prestazioni legata all’invecchiamento demografico.
Anche per questo l’anno scorso la raccolta delle polizze salute ha superato per la prima volta quella dell’Rc Generale in testa al ramo danni non auto: 4,403 mld contro 4,156. Il sorpasso è nero su bianco nell’analisi diffusa durante l’assemblea annuale dell’ANIA a Roma; il 62% dei premi deriva però da contratti collettivi, per lo più fondi sanitari, e tutt’oggi ne beneficia appena il 25% della popolazione. La domanda dunque, per quanto ascendente, stenta ancora a concretizzarsi nella firma di una polizza.
Il presidente Giovanni Liverani ha esortato il sistema a “sostenere il Ssn con soluzioni assicurative capaci di intermediare la spesa out of pocket e reindirizzarla anche sulla copertura di prestazioni in libera professione intramuraria nelle strutture pubbliche”.
Una sponda sicura è nell’IVASS, da sempre molto propensa ad affiancare al Ssn una coperta assicurativa altrettanto universalistica – che riguardi anche disabilità e non autosufficienza – perché i costi crescenti delle prestazioni non escludano nessuno dal suo diritto a stare bene e ad essere curato. Purtroppo nell’ultima manovra finanziaria non sono entrati gli annunciati incentivi per gli imprenditori che offrono ai dipendenti tutele long term care. Eppure le agevolazioni fiscali sono tra i cardini del progetto promosso dall’IVASS, impegnata a calcolare l’esposizione degli abitanti al rischio ltc, per ricavarne il costo di una protezione collettiva sostenibile per le tasche di tutti: Stato, compagnie e consumatori.
Certo in un contesto di grave crisi del servizio pubblico – che a mala pena riesce a fronteggiare l’emergenza – il concetto di “prevenzione” dei rischi evocato solo ieri ai nostri microfoni da Virginia Borla, Ceo di Intesa Sanpaolo Assicurazioni, è destinato a diventare una chimera: ci accorgeremo purtroppo in futuro quanto costerà socialmente allo Stato risparmiare adesso, nel breve periodo, sugli investimenti nei nuovi macchinari e sull’assunzione e l’aggiornamento professionale del personale.
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