23 Giugno 2025

Il Mutuo a tasso Variabile non è ancora Competitivo, il Fondo Consap resta Decisivo

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Il mercato deve ancora recepire l’ultimo taglio della BCE, ma sui media è già toto-tassi sui mutui immobiliari.

Una “trasmissione lenta” delle mosse di Francoforte all’economia reale, lamenta la Fabi, che teme “effetti meno incisivi del previsto” sugli interessi applicati ai prestiti, stimando un Taeg ancora al 3,54% a marzo; tuttavia la stessa federazione segnala che già adesso molte offerte oscillano tra il 2,5 e il 2,9% mentre il Codacons calcola, ad oggi, un risparmio medio tra 156 e 324 euro annui sulle tipologie di mutuo più diffuse. Va detto, infatti, che le banche si erano già portate avanti l’anno scorso anticipando il ciclo di sforbiciate al costo del denaro: 200 pb in meno in un anno non sono pochi ma la parabola dell’Euribor, ora attorno al 2%, era cominciata ben prima della serie di tagli e già a marzo scorso era stato scavalcato dall’Irs.
Sono arrivate le prime proposte a tasso variabile inferiori ai fissi – avvisano Facile.it e Mutui.it -: per i primi le migliori offerte partono da un Tan del 2,53%, per i secondi dal 2,66%“; ma, finché gli istituti di credito non ridurranno gli spread, i tassi fissi continueranno a concentrare la domanda delle famiglie. Specie se si tratta di prodotti promozionali greencome quelli di Credit Agricole o Intesa Sanpaolo – nota MutuiSupermarket – dove lo spread è addirittura negativo”, mentre gli unici player che finora l’hanno rivisto al ribasso sui variabili tradizionali sarebbero “ING, Banco Bpm, Credem e Banca Sella”.

L’AD di WeUnit.it, Angelo Spiezia, registra al riguardo “una forte volontà delle banche nel fare impieghi soprattutto tra i mutui casa”, dunque il “mediatore creditizio assume un ruolo centrale come ponte tra esigenze dei clienti e soluzioni offerte dal mercato”. In generale, per gli oltre 3 milioni e mezzo di attuali mutuatari italiani, le prospettive non sono male; e non lo sarebbero neanche per gli aspiranti tali se la maggior richiesta di case – contrapposta alla minor offerta – non ne stesse innalzando ancora i prezzi, almeno nelle grandi città, controbilanciando l’effetto positivo dell’allentamento monetario.
Inoltre, a proposito di mutui green, si allarga il gap di crescita tra case nuove e usate: queste ultime sono sempre più lontane dagli standard richiesti (dalla clientela oltre che dall’Ue) e uniformarle, ove possibile, significa sobbarcarsi spese di ristrutturazione, il cui costo è diventato tra i principali freni al mercato. Al primo quadrimestre la Fimaa registra un business real estate comunque stabile su tutti gli asset, e lo stesso prevede per il secondo: per l’esercizio in corso sono attese in tutto circa 725mila compravendite (+0,8% a/a).

Omi rileva invece un +11% annuo delle transazioni nel I trimestre 2025, che riguarda – sebbene con intensità diverse – quasi tutte le aree territoriali della penisola e anche il non residenziale: per il 45,8% delle operazioni sarebbe stato acceso un mutuo ipotecario, a un interesse medio applicato alla prima rata pari al 3,2%. Secondo il report, gli acquisti di abitazioni nuove scendono sotto il 6%, mentre quelli effettuati ricorrendo ad agevolazioni prima casa restano sopra il 70%.
Il Fondo Consap – rifinanziato con 670 milioni fino al 2027 – si conferma quindi una leva irrinunciabile, tanto che il governo sta valutando di passare da un’istruttoria basata sulla soglia Isee a un sistema di accesso al beneficio orientato sul reddito effettivo o patrimoniale. Intanto, dalla relazione annuale recentemente illustrata alla Camera dal presidente Sestino Giacomoni, è emerso che al momento un mutuo su 5 è garantito e che nel 2024 lo strumento ha coperto 72.284 domande su oltre 90mila pervenute (di cui oltre il 75% da under 36) per un importo complessivo di 8,3 miliardi.

Da evidenziare che sul totale di 380 mld di mutui erogati – circa un terzo, ben 125 mld – resistono ancora a tasso variabile, destinato a scendere al contrario del fisso (che si avvia invece a stabilizzarsi).
Quanto all’outlook sui mesi a venire, i futures – particolarmente sensibili ai macro fattori economici e geopolitici – indicano ulteriori flessioni dei tassi da qui a fine 2025, al netto delle guerre commerciali e belliche fomentate dal presidente Usa Donald Trump, che in primavera avevano già rialzato l’indice Eurirs. In questo scenario, per i clienti che durante e dopo l’impennata degli interessi hanno surrogato il proprio contratto al fisso, forse è meglio attendere le prossime riduzioni di Francoforte prima di tornarlo a rinegoziare (come già prevedono i cosiddetti prodotti a “tasso misto”).

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