18 Luglio 2023

Mutui, Corsa Cieca verso il Tasso Fisso: sul Lungo Termine conviene il Variabile

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Occorre tener conto del probabile calo dei tassi nel medio-lungo termine prima di affrettarsi a ristrutturare il debito o passare a un fisso, attualmente più economico di 0,7 punti, che occorrerà rimodulare di nuovo prima di quanto si pensi. 

Gli italiani non rinunciano al sogno immobiliare, qualcuno lo rinvia in attesa di tempi migliori, e per chi sta già provando a tramutarlo in realtà con un variabile s’inizia a intravedere la fine dell’incubo. Secondo le proiezioni di Telemutuo, ad esempio, è vero che nell’immediato futuro tassi fissi e variabili saliranno ancora, ma nei prossimi 5 anni mostrano un Euribor 3 mesi (oggi intorno al 3,6%) pari a +2,68% a dicembre 2025 e +2,71% a dicembre 2028. Nel nostro recente Focus sul mercato del credito in Sicilia abbiamo raccolto voci critiche sui ripetuti rialzi dei tassi di interesse da parte della Bce che non abbasserebbero abbastanza l’inflazione ma in compenso metterebbero in crisi il giro d’affari, frenerebbero gli investimenti delle imprese e spiazzerebbero i bilanci familiari finendo per ritorcersi contro gli stessi istituti. Per ora è difficile che Francoforte accolga l’appello, proveniente ormai da tante parti, a spezzare la stretta monetaria: la presidente Christine Lagarde ha già chiarito che il prossimo 27 luglio il costo del denaro nell’Eurozona salirà al 4,25%; e anche la Fed, dall’altra parte dell’Atlantico, ha annunciato la ripresa dei rialzi con un ritocco di altri 25 pb. Forse avrebbero dovuto essere innalzati con maggiore gradualità. Adesso, per scampare la recessione, la speranza è che siano davvero gli ultimi.

Certo resterebbero a livelli comunque elevati per un po’ perché se ne apprezzino gli effetti, prima di tornare a scendere: alcuni analisti spostano alla prima metà del 2025 l’inversione del trend, ma anche un paio d’anni prima del ribasso restano un’ottima prospettiva per un variabile di oggi. Bisogna inoltre considerare che quanti hanno acceso un variabile da molto tempo (risparmiando fino agli anni rispetto a chi aveva optato per il fisso) e hanno almeno pagato metà dell’ammortamento, oggi sono molto meno esposti di quanti l’hanno acceso nell’ultimo anno (che pure conoscevano il rischio). Resta da chiedersi, semmai, come mai l’abbiano sottoscritto in un periodo in cui i tassi a zero avrebbero solo potuto aumentare nel medio-lungo termine: “Dovevano avere la percezione che un aumento era possibile – ha dichiarato qualche giorno fa ai media il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco -, serve più informazione e disponibilità a capire il rischio” che si accetta di correre con la formula variabile. La stessa percezione che, adesso, va nel senso dell’allentamento della morsa. Secondo Mario Comana, docente di Tecnica bancaria alla Luiss, il credito più costoso è stato finora il male minore rispetto all’inflazione: “Il grosso dei lavoratori ha un reddito fisso, da impiego dipendente – ha detto a Formiche.net -. Prima o poi avranno un recupero dall’inflazione, e allora è peggio l’erosione del proprio reddito o pagare di più un mutuo?“.

Per quanto riguarda i pensionati, secondo le dichiarazioni fiscali in possesso dell’Agenzia delle entrate solo il 2,3% è ancora alle prese con un mutuo prima casa. In alcuni casi, dietro l’aumento dei riscatti di polizze risparmio e investimento, c’è anche il bisogno di liquidità dettato dal caro vita. Anche perché sono tante le risorse che gli italiani hanno da parte, proprio in vista di congiunture economiche così complesse. E i giovani? Calano, come sta accadendo proporzionalmente in ogni target, quelli che accendono un mutuo prima casa. Continuano però a chiedere importi con loan to value più alti degli over 36 (83% contro il 71% degli ultra 55enni), solo che non sempre se li vedono accettare: a causa di un patrimonio inferiore agli “adulti” e soprattutto della maggiore propensione a cercare soluzioni di prestito digitali e alternative. Il 61% dei mutui online sono accesi dai giovani secondo l’ultimo report di Mutuiamo, società del gruppo Immobiliare.it, ma l’importo medio erogatogli è sceso attualmente a 115mila euro dai 129mila del 2022 (-11%). A livello territoriale dall’analisi emerge come in questo momento il business sia sorretto dal Sud e dalle Isole, passate in un anno a rappresentare dal 15 al 25% dei nuovi contratti.

Il Nord Italia resta in testa per cifre assolute, pur calando in percentuale dal 61 al 53% nel dato nazionale. Secondo Facile.it e Mutui.it la regione più esposta è il Friuli-Venezia Giulia, dove negli ultimi 18 mesi il 17,5% dei nuovi mutuatari ha scelto il variabile puro, seguita da Abruzzo (16,1%) ed Emilia-Romagna (15,9%). Per questa ricerca il finanziamento medio si attesta sui 142mila euro e la loro rata, nell’ultimo anno e mezzo, sarebbe cresciuta fino al 60%: a livello nazionale la percentuale di nuovi variabili, in costante calo, risulta del 14,5% e a giugno 2023 sotto il 10%. E calerà ancora “se si considera che tra richiesta e stipula passano in media 4/5 mesi – spiega Ivano Cresto, managing director prodotti di finanziamento di Facile -, questo significa che i variabili erogati nella prima parte del 2023 sono stati richiesti nel secondo semestre 2022, quando la Bce aveva appena iniziato ad aumentare i tassi: oggi la richiesta è ai minimi, inferiore al 2% del totale e l’effetto sugli erogati sarà molto evidente nei prossimi mesi“. Tra gli ultimi ad aggiornare i calcoli il Codacons, secondo cui un variabile costerebbe oggi fino a 5.052 euro all’anno in più rispetto al 2021 e un fisso fino a 3.204. Decisamente più contenute, e a nostro modo di vedere realistiche, le stime sui variabili di LaPresse che – prendendo come tassi di riferimento l’1,25% di dicembre 2020, valore minimo registrato, e il 4,24% di maggio 2023 – calcola il rincaro in 223 euro mensili, dunque 2.676 annui.

Di ieri il Barometro CRIF sul primo semestre, che si discosta lievemente dagli altri report: -22,4% annuo di richieste di mutui nel 2023 (-11,6% nel mese di giugno), trascinate sul fondo dalle surroghe (-30,8%); stabile l’importo medio richiesto,144.279 euro; la durata più gettonata è 25–30 anni (dunque, ci sarà poco da allungare); le fasce d’età 25-34 e 35-44 anni rappresentano il 61,3% del mercato; +28% a marzo per la rata dei variabili e picco del +40% per quelli di recente erogazione (il 12% del totale, per cui è peggiorato il rapporto rata-reddito, con un’esposizione di 45 miliardi). Per il 65% dei mutui in bonis l’aumento dei tassi ha comunque comportato un aumento del montante; per quelli più recenti, ha aumentato l’indebitamento complessivo del 24%. Tutto questo “porterà, dopo anni in cui il livello di rischio era stato molto contenuto, a un peggioramento dei tassi di default” commenta Simone Capecchi, executive director CRIF, convinto tuttavia che “si manterranno su valori inferiori alle passate crisi economiche, limitati anche da un livello di indebitamento delle famiglie che rimane basso (circa il 60% nel triennio di previsione) soprattutto se paragonato al resto d’Europa (94% nel 2022)”. Già nel primo trimestre dell’anno il rischio di credito sui prestiti alle famiglie, pur moderato, era salito allo 0,5%; e lo stesso vale per le imprese.

Considerando che al calcolo mancano ancora i rialzi di maggio (+0,75%), giugno (+0,25%) e probabilmente luglio (+0,25%), l’impatto nel secondo semestre è destinato a risultare ancor più significativo. Come se non bastasse un terzo dei soggetti col variabile ha attivo almeno un altro prestito, e sono sotto stress anche le altre forme di credito al consumo, dove il tasso di default è salito all’1,4% a marzo (0,9% per prestiti finalizzati e 1,6% per i personali). Attualmente in tutta la penisola sono 2,3 milioni i fissi contro 1,2 milioni di variabili e l’esposizione di questi ultimi è di circa 120 dei 440 mld complessivi. Eppure sempre più voci riconoscono che il break della Bce è vicino: “Non credo che siamo lontani, sicuramente entro fine anno – ha affermato ancora Visco -, non c’è un problema sistemico, solo un terzo dei mutui è a tasso variabile e quelli da inizio 2023 hanno un cap“, inoltre “il debito delle famiglie italiane è il più basso d’Europa” ha ribadito chiudendo all’ipotesi di ristori statali.  Dunque, visto che sia pur lentamente l’inflazione diminuisce, le strette non potranno andare oltre l’autunno rendendo valutabile – come consideravamo su PLTV già a febbraio – anche l’attivazione di un variabile in una prospettiva di lungo termine come quella del finanziamento per l’acquisto di una abitazione.

ABI: Prestiti a Famiglie e Imprese -1,5% annuo a Giugno, Tasso medio al 4,25%

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