Una redditività complessiva in deciso aumento, che rende fiduciosi sulla performance del 2023, nonostante le nubi oltreoceano: è la fotografia che – pur differenziati sulle singole voci di bilancio – emerge dai resoconti dell’esercizio complessivo 2022 approvati in questi giorni dalle banche italiane. Tre le turbine: il margine di interesse, accresciuto dall’accelerata dei tassi nella seconda metà dell’anno; le minori commissioni; e la qualità degli asset, grazie a cessione di crediti deteriorati e bassi tassi di default sui prestiti.
Intesa Sanpaolo, ha chiuso l’anno scorso con un utile netto di quasi 5 miliardi e mezzo di euro, registrando una forte riduzione dei crediti deteriorati e l’erogazione di circa 81 miliardi di euro di nuovo credito a medio-lungo termine, di cui circa 52 a famiglie e Pmi. Per UniCredit, che ha chiuso con un utile netto contabile di 6 miliardi e mezzo di euro, i temi chiave sono stati la riduzione dell’esposizione alla Russia e la remunerazione degli azionisti, grazie agli eccellenti risultati commerciali. Dopo aver valutato di nuovo il dossier MPS, a seguito dei rumors di un’offerta per Banco BPM, il tema M&A resterà tra i primi catalizzatori per l’ulteriore sviluppo. Banco BPM prevede un significativo miglioramento dell’utile nell’anno in corso dopo il record di oltre 700 milioni del 2022, in cui ha migliorato il dividendo, continuato a ridurre i crediti deteriorati e posto le basi per una completa integrazione del business assicurativo.
Sulla perdita di 205 milioni di MPS, che si appresa a rientrare nel Ftse Mib dopo 6 anni, hanno pesato in realtà i 931 milioni di ristrutturazione una tantum: i risultati dell’ultimo trimestre 2022, ben oltre le attese degli analisti grazie a tassi e riduzione di costi, infondono tuttavia ottimismo sul futuro. Anche Credem ha archiviato il 2022 con l’utile in calo del 10% annuo, a 317 milioni di euro, ma va ricordato che nel 2021 aveva beneficiato del badwill da 95,6 milioni legato all’acquisizione di CariCento. Il dg Angelo Campani conferma l’interesse per una crescita esterna attraverso operazioni di M&A, sia nel comparto delle banche commerciali che in quello di fabbriche prodotto. BPER risulta addirittura in anticipo sul piano industriale: l’acquisizione di Carige e l’ingresso di centinaia di filiali Ubi hanno notevolmente incrementato i volumi di impieghi e raccolta in territori finora poco presidiati.
Tra le straniere Credit Agricole Italia, che negli anni ha aumentato la sua presenza nel nostro Paese con una serie di acquisizioni, ha conquistato oltre 150mila nuovi clienti (+8% annuo) registrando interessi netti in aumento, commissioni stabili e impieghi verso la clientela in diminuzione. BNL del Gruppo BNP Paribas, infine, ha generato un utile ante imposte in crescita a 410 milioni di euro: spicca il calo del margine di interesse, con l’impatto dei tassi sui depositi controbilanciato dall’aggiustamento dei margini sui crediti, ma grazie a mutui e factoring crescono gli impieghi. Nel complesso quasi tutti i player – Big ma anche realtà territoriali – sembrano avere le spalle larghe per sostenere rialzo dei tassi, maggiori crediti in sofferenza, ritiro parziale della liquidità e volatilità del portafoglio titoli.
Secondo dati Bankitalia, a gennaio 2023 le nostre banche detenevano 384 miliardi di titoli di Stato (di cui quasi la metà bloccati in bilancio), piu’ 200 miliardi di altri bond. Fino alla scorsa estate, secondo Eba, in tutta l’Ue gli istituti ne avevano in pancia oltre 3.300. In base a un report di Barclays se le banche europee vendessero l’intero portafoglio, perderebbero circa il 5% del valore economico del capitale: Intesa Sanpaolo, Banco Bpm e Lloyds superano il 10% ma restano comunque entro la soglia limite fissata dal rapporto al 15%. Vedremo a luglio gli esiti dei super stress test avviati a febbraio proprio da Eba sugli istituti del continente, di cui 12 italiani. E’ anche grazie a questo contesto robusto che la Bce non allenterà da subito la stretta monetaria.