16 Novembre 2023

Mutui, la Cartolarizzazione a Valenza Sociale e la Consulenza ai Clienti in Difficoltà

di Fabio Picciolini, esperto consumerista

A statistiche e informazioni fornite di recente da Nomisma sulla triste situazione dei mutui immobiliari fornisce una risposta la possibilità, in caso di credito deteriorato, di accedere alla cosiddetta “cartolarizzazione a valenza sociale”.

Brevemente, una procedura che vuole consentire a tutte le parti coinvolte in un finanziamento non rimborsato, di avere una soluzione utile: la banca mutuante può vendere il credito incagliato a un investitore, che a sua volta non effettua la “normale” procedura di recupero ma consente al debitore di accendere un contratto di locazione sull’abitazione, con la possibilità di riacquistare l’immobile al termine di un periodo di tempo predeterminato oppure – solo in caso di impossibilità ­di riacquisto alla scadenza del contratto – vendere l’immobile sul mercato. Una procedura certamente di maggior salvaguardia rispetto alla vendita dell’immobile all’asta della casa, ma non può essere l’unica soluzione.
In questo contesto i mutui delle famiglie ammontano a oltre 430 miliardi di euro, di cui il 36% (160) ancora a tasso variabile: le varie operazioni di surroga e rinegoziazione, sponsorizzate da istituti e governo, finora hanno “trasformato” in fisso appena 15 mld. I migliori mutui fissi arrivano adesso intorno al 4%, mentre quelli variabili al 5%.

Il calo di redditi, consumi e risparmi certificato da Nomisma, insieme a stretta monetaria e inflazione, hanno ridotto numero e importo delle erogazioni producendo una serie di fenomeni collaterali: aumento fino a 2/3 della rata originaria, rallentamento dell’attività del settore edile, incremento del costo degli affitti, ripresa delle aste a prezzi spesso irrisori rispetto al valore del bene, diminuzione dell’importo dei finanziamenti, fine del sogno della casa di proprietà per molti italiani. Sbaglia chi considera la congiuntura passeggera: gli alti livelli attuali del costo del denaro dureranno per molto tempo ancora e le proiezioni future vedono ribassi solo per un breve periodo, e poi successivi nuovi aumenti.
Alle condizioni attuali la scelta del tasso variabile, spesso indispensabile per le famiglie con reddito più contenuto, significa una riduzione molto pesante delle altre spese anche obbligatorie, gravate a loro volta dalla perdita di potere di acquisto delle retribuzioni. Non si può chiedere al sistema bancario di farsi carico di tutte le circostanze di crisi; scelta che comporterebbe instabilità del sistema e danno per gli investitori (a volte la stessa clientela) e di tutta l’utenza, che sicuramente vedrebbe aumentare i costi. Ugualmente lo Stato non può farsi carico di una situazione tanto grave: ha modificato leggi, aiutato a livello fiscale; ma il risultato è stato molto parziale. Deve essere capace di trovare ulteriori nuove soluzioni. In uno scenario tanto complesso, fare proposte è la cosa più semplice del mondo se poi non si ha il compito di metterle in pratica.

Primo. Sono operativi vari fondi pubblici – in alcuni casi esauriti, in altri con disponibilità inutilizzate – che rilasciano una garanzia statale o di enti controllati, con varie finalità tra cui le problematiche legate alla casa principale. Perché non pensare a un unico Fondo, sotto il controllo pubblico e a gestione privata, con diverse destinazioni, che possa impiegare la propria dotazione finanziaria secondo le situazioni del momento? Si potrebbe avere un vantaggio complessivo di tutti gli attori coinvolti, anche attraverso la partecipazione di capitali privati, e risulterebbe certamente più reattivo nella risposta ai singoli bisogni dei clienti.
Secondo. Il sistema bancario non può chiamarsi fuori dall’offrire soluzioni. Le banche hanno funzione sociale e nei momenti di crisi devono dimostrarlo ancora di più con azioni concrete, specie con 40-50 miliardi di utili in un anno e l’allargamento della forbice con gli interessi riconosciuti ai correntisti: ad esempio un alert alla famiglia o impresa in difficoltà, magari con la proposizione di una via d’uscita prima che il default si conclami.

Si tratta di anticipare l’applicazione della nuova direttiva sul credito ai consumatori e di quella sull’acquisto dell’abitazioni residenziali, ormai prossima, che sicuramente prevedrà di attivare subito la consulenza alla clientela con problemi, attraverso una figura indipendente che la accompagni verso il risanamento economico e una gestione più accurata del proprio budget. Un consulente professionalmente preparato e autonomo rispetto al creditore, che operi con fini etici e sociali come previsto dalla stessa Direttiva CCD2, a costi contenuti se non gratuiti: ad esempio un’attività “pro bono” di legal, commercialisti e organizzazioni del terzo settore, a partire dalle associazioni di promozione sociale.
Altre, anche migliori, possono essere le proposte: dal codice delle crisi con l’esdebitazione al patto marciano. Sapendo, però, che l’errore da non fare e quello di rimanere immobili.

Mutui, l’Utile Strumento della Pre-Delibera Finanziaria

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