14 Settembre 2023

La Desertificazione Bancaria Colpisce anche i Bancomat, le BCC non Bastano: la “Supplenza” delle Reti Distributive 

di Fabio Picciolini, esperto consumerista

Le banche hanno un ruolo quale elemento di supporto a comunità, imprese e famiglie: la loro presenza è un presidio di sviluppo, di legalità e di contrasto allo spopolamento dei territori. Questa realtà storica ed economica è messa in seria discussione dall’abbandono di molte aree della penisola da parte del sistema finanziario, conosciuto come “desertificazione bancaria”. Quanto sta accadendo alle filiali italiane di Santander Consumer Bank è solo l’ultimo esempio. I fatti, in questo caso, contano più delle parole: l’abbandono dei territori, che purtroppo non riguarda solo il sistema bancario (ad esempio, anche scuola e sanità), è dimostrato dalla diminuzione da: 34.139 sportelli del 31 dicembre 2008 ai 20.986 del 31 dicembre 2022 (-13.153); 3.249 comuni senza uno sportello bancario; 1.906 con una sola agenzia; presenza esclusiva delle banche di credito cooperativo in 723 comuni fino a 5mila abitanti.

A ciò si aggiunge che, pur dove c’è presenza di sportelli bancari, si riscontrano la scomparsa di molte aree decisionali, particolarmente nel Mezzogiorno, e la riduzione dell’autonomia dei direttori locali; cui si sta aggiungendo anche la riduzione degli sportelli automatici, nel 2022 scesi da 30.221 a 29.611 (- 610), compensata nello stesso anno in appena 5 unità dall’aumento degli sportelli automatici di Poste Italiane da 239.198 a 276.955 (+ 37.757). Poste italiane che, peraltro, potrebbero essere una risposta, pur parziale, alla riduzione della presenza bancaria con il progetto Polis, indirizzato in larga parte in aree interne del Paese e alle piccole comunità locali.
I motivi della desertificazione sono molti: aggregazioni bancarie, digitalizzazione, sviluppo del multicanale e di operatori non “tradizionali”, costo del personale e altre spese operative, ridimensionamento delle reti sportelli troppo cresciute in passato e, in prospettiva ravvicinata, anche l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Motivazioni credibili in cui però è assente la valutazione che la mancanza di sportelli produce: esclusione finanziaria per le categorie più deboli (disabili, anziani, indigenti, ecc.) a causa delle difficoltà di connettività in varie zone del Paese e di conoscenza del digitale da parte di ancora troppi cittadini; ed assenza del rapporto umano, peraltro ricercato dalla clientela anche più digitalizzata, e di prossimità al territorio.

In questo contesto, come emerso dal recente Focus di PLTV sul business del credito al Sud, si può rafforzare il ruolo delle piccole banche: antenne in grado di curare le esigenze di realtà economiche dinamiche ma troppo piccole per interessare i grandi gruppi, identificabile specie nelle banche di credito cooperativo, oltre a qualche cassa di risparmio fortemente territorializzata e i pochi istituti “familiari” rimasti che non hanno scelto la totale finanziarizzazione.
Less bank, come vengono chiamate, che hanno mantenuto legami con il territorio, soprattutto attraverso quella mutualità ricordata dal capo dello Stato Sergio Mattarella all’ultima assemblea di Federcasse, sebbene la riforma abbia obbligato le BCC a partecipare a gruppi bancari cooperativi le cui holding sono considerate “significant” – quindi soggette a vigilanza BCE – equiparandole a istituti medio-grandi nella normativa e nella supervisione: una scelta che non rende giustizia ai principi storici del movimento cooperativistico di ragionevolezza, adeguatezza, proporzionalità, sussidiarietà.
Piccole banche che cercano di non subire la trasformazione digitale del sistema finanziario, applicando l’incompatibile principio di “prossimità a distanza” anche nell’offerta di servizi digitali e garantendo così il rapporto di fiducia con il cliente/socio. Le banche territoriali, per quanto attive, non riescono a coprire l’intero territorio nazionale e a svolgere un totale ruolo di supplenza, né il digitale può essere la panacea di tutti i mali. S’impongono allora altre scelte.

La prima, ovvia ma non troppo, è l’educazione finanziaria. Oggi questa educazione si concentra molto nella scuola (importante l’inserimento nei programmi scolastici): una scelta giusta per avere persone preparate domani, ma con un’attenzione meno stringente per altre aree di potenziale o attiva clientela. Un’alfabetizzazione più che educazione da dedicare a specifici moduli di prodotti in catalogo nelle banche, che deve avere come cornice la formazione digitale: è facile indicarne i motivi, lo facciamo tutti, invece mi piace ricordare un fatto personale.
Qualche anno fa ebbi la fortuna di fare un corso di formazione agli anziani della Comunità di Sant’Egidio: la cosa più bella non fu quanto provai a spiegare loro qualche rudimento bancario, ma la corsa – e anche qualche piccolo, divertente litigio – per accaparrarsi il pc (inutilizzato e regalato da una banca) per aprire off line un conto on line. Dimostrazione pratica della volontà di conoscere, a tutte le età e a prescindere dal proprio contesto sociale.

La seconda possibilità sono le reti distributive. L’assenza della sportelleria deve avere la supplenza di professionisti di “prossimità” preparati, capaci di offrire – come prescrive la legge – il prodotto più idoneo al consumatore come alle imprese, competenti nell’utilizzo della tecnologia ma mantenendo un reale e continuativo rapporto solidale con i propri assistiti, “obbedienti” più di altri alle norme e alle regole essendo, a prescindere dalla forma giuridica assunta, il braccio operativo del sistema bancario. Due scelte diverse che fino ad ora si sono incontrate poco, chissà che non sia giunto il momento di sovrapporle con vantaggio generale.

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