di Fabio Picciolini, esperto consumerista
Recentemente, Plus de Il Sole 24Ore ha dedicato più pagine ai cosiddetti “fininfluencer”: autodefinitisi creator, stanno avendo molto seguito sui social, probabilmente troppo e sbagliato; perché non si limitano a dare un punto di vista (già molto difficile di per sé) sulla gestione delle finanze personali ai loro follower, ma li spingono a scegliere gli investimenti – sia palesemente che in maniera occulta o subliminale – attraverso video, dirette e post attraenti.
È discutibile consentire a sedicenti “esperti” di proporre indistintamente una strategia buona per tutti i contatti, e promuovere il collocamento di strumenti finanziari con tecniche di negoziazione che esaltano facili guadagni, quando i guadagni facili non ci sono più per nessuno se non aumentando il rischio per il capitale. Il tutto, senza alcuna esposizione di alternative di utilizzo del risparmio o analisi individuale della situazione patrimoniale o del merito creditizio, infischiandosene se la promozione online diventa una raccomandazione personalizzata e utilizzando inutili dichiarazioni di non assunzione di responsabilità (discalimer).
Si dice che chi pensa al male fa peccato ma quasi sempre ci indovina, e allora: o questi fininfluencer sono dei filantropi, ipotesi abbastanza remota; oppure lo fanno per lucro, svolgendo un’attività riservata esclusivamente ai consulenti iscritti negli albi, quindi abusiva. L’alternativa, che porta alla stessa conclusione di abusivismo, è che abbiano degli sponsor che promuovono i propri prodotti, quasi mai detto chiaramente. Inoltre a questa schiera di presunti professionisti troppo spesso si uniscono in Rete, in buona fede, quelli veri iscritti agli elenchi ufficiali, rendendo difficile per i piccoli investitori capire la differenza tra una soluzione e l’altra. C’è poi il sostanziale anonimato di molti proponenti, rintracciabili solo attraverso il web: chi c’è veramente dietro?
Per gli investimenti la nuova Mifid – la “Retail investment strategy” – ha previsto regole più stringenti, a partire dall’istituzione di un registro per i soggetti che fanno marketing per conto proprio o di società che collocano prodotti finanziari; l’Agcom prevede sanzioni fino a 250.000 euro in materia trasparenza pubblicitaria e da 30.000 a 600.000 per quanto riguarda gli obblighi di tutela dei minori; il Digital chart dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap) ha emanato regole di trasparenza e di comportamento, per la “riconoscibilità della comunicazione commerciale diffusa attraverso internet”; l’Esma ha rivolto un’interessante consultazione agli operatori e alle stesse piattaforme digitali, sulla protezione degli investitori retail, riguardante tra l’altro le pratiche di advertising, l’utilizzo di app e appunto il ricorso a influencer.
Tutte iniziative utili ma generiche, indirizzate non a persone ma a personaggi, capaci di condizionare le scelte delle famiglie attraverso opinioni e promesse. Per denaro mettono in piazza la loro vita personale, invadono le bacheche di post anonimi con promesse di finanziamenti mirabolanti, e appena accettata la loro “amicizia” spediscono in chat messaggi con proposte di prestito da parte di aziende e istituti sconosciuti. Manca totalmente una specifica attenzione al mondo del credito: un comparto che, per le difficoltà di accesso di alcuni utenti e per gli importi erogati (non elevatissimi, ma che possono comunque creare serie difficoltà a più di un consumatore), è diventato oggetto di una miriade di offerta sui social a danno dei consulenti seri, regolarmente autorizzati a svolgere questo lavoro.
È necessario che vigilanza europea e nazionale intervengano sui gestori dei siti per oscurare questi messaggi (per esperienza, varie segnalazioni fatte personalmente non hanno portato ad alcun risultato); che le istituzioni sviluppino codici come quello Iap, opportunamente indirizzati su argomenti e settori specifici del mercato del credito; e che le autorità comminino multe salate a chi svolge attività abusiva, spacciandola per semplice pubblicità (ingannevole).
C’è chi l’ha fatto. L’Authorité des Marchés Financiers (AMF) ha emanato alcune norme che permettono un maggior controllo attraverso l’obbligo di un patentino per il “creator finanziario” e corsi di formazione per i fininfluencer. La stessa idea di dotare di un “bollino blu” gli inserzionisti social potrebbe essere un alert, particolarmente importante per coloro che si spacciano per educatori finanziari considerato che gli eventuali danni da loro prodotti potrebbero incidere per molto tempo sulle future scelte del “cliente”. Per accedere al credito non è sufficiente un semplice click ma servono quella conoscenza, serietà e professionalità che solo gli operatori sottoposti a controlli possono avere.
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