di Giuseppe Gaetano, editor in chief
I Lloyd’s di Londra hanno inserito in catalogo una nuova polizza per coprire danni e spese legali di eventuali richieste di risarcimento da parte di terzi, relative a problemi ed errori degli strumenti di Intelligenza artificiale.
La soluzione, già distribuita da diverse compagnie del Gruppo, è sviluppata da Armilla: fornitore che calcola inoltre le probabilità di errore dei diversi sistemi IA, elaborando una sorta di copertura parametrica che scatta se le prestazioni scendono sotto i livelli attesi. Un approccio di sottoscrizione selettiva garantirebbe che le compagnie contraggano rischi contenuti, limitando l’esposizione a tecnologie eccessivamente difettose.
La società, intervistata dal Financial Times, riporta diversi esempi di malfunzionamento: un chatbot di Virgin Money, ad esempio, ha inibito un utente che ha usato la parola “virgin” in una richiesta di assistenza, ritenendo il linguaggio inappropriato. Va bene fidarsi, ma fino a un certo punto.
Col diffondersi dell’utilizzo, sono sempre più frequenti i casi di incidenti e malfunzionamenti di chatbot riscontrati da clientela e addetti ai lavori: molto probabilmente gran parte di queste cosiddette “allucinazioni” – ovvero output incoerenti con le informazioni reali o fornite – potranno risolversi da sole, grazie alla capacità di auto apprendimento intrinseca all’IA; nel frattempo però i “bug” informatici rischiano di causare seri disservizi. Il prodotto Lloyd’s, infatti, vuole tutelare il cliente non tanto dalle conseguenze di disagi “comuni” – con basse soglie di risarcimento – quanto da guasti gravi, con implicazioni su larga scala e quindi potenzialmente catastrofici.
La polizza potrebbe spingere le aziende ancora titubanti tra le braccia della nuova tecnologia, ce ne vorrebbe un’altra però per le perdite economiche e i danni d’immagine subìti a sua volta dall’assicurato.
