22 Marzo 2020

Credem diversifica il Business Focus sulla Qualità degIi Attivi

PLTV riporta articolo da Il Sole 24 del 22 marzo a cura di Vittorio Carlini.
L’istituto (guidato da Nazareno Gregori, nella foto) amplia i servizi a pmi e clientela retail. 
La leva della tecnologia per aumentare l’efficienza operativa Coronavirus e rischio sofferenze: il gruppo rivendica i pochi crediti dubbi e la resistenza nei periodi di crisi

 

Da una parte, anche per contrastare i tassi a zero, proseguire nella diversificazione del business. Dall’altra, soprattutto in prospettiva della gelata sull’economia a causa del coronavirus, mantenere alta l’attenzione sulla qualità degli attivi. Sono tra le priorità di Credem a sostegno del business.

L’istituto di credito di recente ha pubblicato i risultati di bilancio del 2019. Un esercizio contraddistinto da dati in rialzo. Il margine d’intermediazione si è assestato a 1,204 miliardi con una crescita, al netto dell’impatto dell’Ifrs 16, del 4,1%. L’utile netto, anch’esso senza considerare il principio contabile non presente nel 2018, è dal canto suo salito a 201,3 milioni (erano stati 186,7 dodici mesi prima).

Il risparmio gestito

Di là dai singoli valori numerici è interessante analizzare le dinamiche delle varie voci di conto economico e patrimoniale per comprendere le strategie del gruppo. Un’indagine da cui si desume, per l’appunto, l’attenzione per la maggiore articolazione dell’attività. In tal senso un focus è sul risparmio gestito. La raccolta “under management”, al 31/12/2019, ha raggiunto i 28,1 miliardi in aumento del 13% rispetto all’anno precedente. Certo: l’incremento è anche la conseguenza automatica del positivo andamento dei mercati nello scorso esercizio. E tuttavia il trend mostra lo sforzo nel “wealth management”. L’impegno è in particolare su due livelli: prodotti e consulenza. Rispetto al primo Credem scommette, grazie alle sue fabbriche prodotto, sulla realizzazione di nuovi soluzioni. Ne è un esempio l’offerta di fondi nella finanza sostenibile (Esg). Vero: può obiettarsi si tratti di una moda. E però diversi esperti affermano che, di là dal business in sé, i vantaggi, acquisendo competenze nell’Esg, non mancheranno. Basta pensare, ad esempio, alla futura maggiore capacità di valutazione del rischio di credito di un’azienda, attiva nella produzione della plastica, che non si doti di un piano di conformità ambientale.

Riguardo, invece, alla consulenza l’istituto punta sull’offerta di servizi a 360°. Un’attività di advisory, aiutata dalla presenza di una Sim dedicata, capace, da un lato, di rispondere alle diverse esigenze del cliente; e , dall’altro, di agevolare il “cross selling”. Così, ad esempio, può pensarsi alla gestione del patrimonio dell’imprenditore cui viene già erogato il credito. Oppure a servizi fiscale e legali o di valutazioni di beni artistici.

Ma non è solamente questione di “wealth management”. Altra priorità, oltre all’importante sviluppo del bancassurance, è la diversificazione dei servizi alle pmi. Qui può ricordarsi la controllata Credemtel. La società, il cui utile è aumentato del 40%, offre soluzioni tecnologiche a sostegno delle imprese (soprattutto di piccole dimensioni). Si tratta di prodotti hi-tech che vanno: dalla fattura elettronica fino all’archiviazione telematica. Quest’attività, a ben vedere, è intrecciata con la strategia cosiddetta del’ “open banking”. Vale a dire: la realizzazione, da parte di Credem, di un’architettura informatica che, attraverso protocolli standard, è capace di “interagire”, comprando soluzioni sul mercato, con le tecnologie di terzi. Il tutto senza dovere ogni volta sviluppare internamente una parte di sistema informatico. L’istituto, così, ha un duplice vantaggio: incassa la commissione, offrendo un servizio in più, e non è costretto ad ulteriori investimenti. Un esempio? L’opportunità per la pmi, sfruttando la direttiva Psd2 sui pagamenti, di costruirsi un unico “cruscotto” dove monitorare i flussi monetari dei suoi conti correnti che normalmente sono domiciliati in differenti istituti di credito.

Il credito al consumo

Dai servizi hi-tech ai prestiti personali. Si tratta di un altro focus di Credem. Su questo fronte il gruppo emiliano ha costituita una società ad hoc: Avvera. La controllata al 100%, alla fine del 2019, ha raggiunto 560 milioni di impieghi tra mutui intermediati e prestiti erogati. L’obiettivo, anche (e sempre) grazie al supporto della tecnologia, è spingere l’offerta multi prodotto: dal credito al consumo fino alla cessione del quinto dello stipendio. Sennonché il risparmiatore, proprio rispetto a questo settore, esprime il dubbio con riferimento alle sue reali potenzialità. I prestiti personali sono considerati una sorta di Eldorado da parte di molti istituti finanziari. Il rischio è che l’eccesso di concorrenza limiti le opportunità di sviluppo di Credem nel settore. Il gruppo, di cui la “Lettera al risparmiatore” ha sentito i vertici, non condivide l’obiezione. Dapprima, viene ricordato, il mercato italiano è ancora sottopenetrato rispetto alla media europea. Quindi, c’è spazio per crescere. Inoltre, spiega l’istituto, questi business devono essere guidati non solo dalla domanda ma anche, e soprattutto, dall’offerta. Proporre soluzioni di qualità pone le basi, unitamente alla crescita della cultura finanziaria del cliente, per l’espansione del business. Non solo. Credem ricorda il suo basso costo del rischio di credito che le consente maggiori margini di manovra rispetto alla concorrenza. Infine: la tecnologia. La banca emiliana, rammentando l’impegno trasversale all’intero gruppo sull’innovazione, dice di avere la giusta efficienza e flessibilità per operare e crescere nei prestiti personali.

Il Margine finanziario

Fin qua alcune indicazioni riguardo all’articolazione delle attività del gruppo. Rimane, però, il core business della stessa. Cioè: l’erogazione del credito. Qui il margine d’interesse del 2019 è risultato debole: il Margine finanziario, al netto dell’Ifrs 16, è sceso dello 0,8%. La contrazione non è forte e tuttavia il risparmiatore storce il naso di fronte ad essa. Credem, invitando ad un’analisi meno superficiale, non condivide il disappunto. In primis perchè il margine d’interesse è sottoposto ad una generale pressione fisiologica dovuta ai tassi di mercato a zero. Poi perchè, a questa già difficile situazione, si aggiunge la dura concorrenza dei competitor. Ciò detto la banca emiliana dice di volere contrastare il trend da un lato, per l’appunto, con maggiori servizi al cliente; e, dall’altro, spingendo i volumi. Il gruppo, sotto quest’ultimo aspetto, ricorda che la sua quota di mercato è dell’1,89%. Quindi considera di avere spazio per crescere. Ciò detto, tuttavia, può ulteriormente obiettarsi che il coronavirus ha di fatto bloccato l’economia italiana. Il nostro Paese rischia di finire in recessione ed è difficile ipotizzare una forte domanda d’impieghi. Credem, pure conscio delle difficoltà, ricorda che il suo track record mostra la capacità di espandersi anche in contesti difficili. Negli ultimi 10 anni, contraddistinti da diverse crisi finanziarie, i crediti da lei erogati sono saliti del 42%. Inoltre la banca emiliana, anche grazie alla sua non grande dimensione, afferma di avere la giusta flessibilità e reattività per affrontare la nuova situazione. Rispetto invece al fronte operativo? L’istituto, sottolineando che su circa 6.200 dipendenti oltre a 4.000 sono in smart working, da una parte afferma che l’attività non soffre soluzioni di continuità; e dall’altra che, grazie ai passati investimenti nel digitale, la gestione della clientela avviene con efficacia anche via web. In conclusione, quindi, Credem si dice pronta a gestire qualsiasi situazione.

La qualità degli attivi

Già, la situazione. Un discorso a parte merita il tema della qualità degli attivi. Credem, alla fine del 2019, ha il rapporto tra i crediti deteriorati lordi e gli impieghi lordi al 3,76%. Una percentuale che, afferma l’istituto, è ben più bassa di quella del sistema bancario italiano (7,33% al 30/9/2019). Inoltre il flusso netto dei crediti problematici lordi è in negativo in ogni trimestre da oltre tre anni. Infine il costo del credito (senza considerare la componente titoli) resta in linea con il 2018 a 24 punti base. Un valore che Credem giudica estremamente contenuto. Insomma: i numeri descrivono una situazione positiva riguardo all’asset quality. Sennonché proprio la prospettata recessione, unitamente all’esposizione alle pmi che per loro stessa natura sono meno resistenti alla volatilità del Pil, induce ad ipotizzare possa esserci un impatto sulla qualità degli asset. Credem, pure ammettendo che l’aumento degli Npl potrà contraddistinguere l’intero sistema bancario italiano, anche su questo tema professa fiducia. In primis, viene ricordato, all’interno del gruppo esiste una task force che monitora settori e mercati anche per verificare il merito di credito della clientela. Inoltre sono effettuati periodici stress test sul portafoglio crediti. Infine, di là dall’uso della tecnologia (big data e statistiche predittive rispetto all’andamento del business dei debitori), Credem ricorda il suo posizionamento su aziende e clienti retail di qualità. Il che è l’indicazione rende l’istituto, sul fronte dell’asset quality, più resiliente rispetto al sistema. A fronte di ciò quali le prospettive sullo sviluppo del business? Il gruppo ribadisce che senza il coronavirus sarebbe stato ipotizzabile un andamento lineare della componente stabile dei ricavi. Adesso però, aggiunge, è necessaria una maggiore prudenza rispetto alle proiezioni dei risultati economici e patrimoniali.

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